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Osserva quella miserabile creatura. Quel Punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuor di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un'idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l'essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici.

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Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani.

Nel fisico era cresciuto, dimagrito, le tempie ormai cominciavano a ingrigirsi, ma per il bambino di allora, o per l’uomo di oggi, tutte le cose che servono su questa terra non significavano nulla, così come non aveva ancora imparato a conciliare il corso immutabile dell’universo di cui lui stesso era parte (una parte molto effimera) con la nozione filosofica del tempo che passa: in pratica non sapeva bene cosa fosse il futuro. Assisteva agli eventi umani che scorrevano lenti intorno a lui senza mostrare passioni o coinvolgimento personale, le sue effettive difficoltà intellettive erano sempre venate da una malinconica tristezza, perché nonostante gli sforzi, non riusciva a capire, e di conseguenza a vivere, come i cari amici che conosceva: il suo cervello, preda di un meravigliato stupore, era scollegato dalle normali faccende terrene (con terribile vergogna della madre, e massimo divertimento della gente locale), sembrava vivere nell’invulnerabilità di un istante eterno, come in una bolla di sapone che non sarebbe mai scoppiata.

No.. no questo tipo no, non è capace. Questo vuole prendere tutto, arraffare tutto, non sa rinunciare a niente; cambia strada ogni giorno perché ha paura di perdere quella giusta, e sta morendo, come dissanguato.

Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito.
Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani. Vi si oppone la sicurezza della morte, che impone un limite a ogni gioia, ma anche a ogni dolore. Vi si oppongono le inevitabili cure materiali, che, come inquinano ogni felicità duratura, cosi distolgono assiduamente la nostra attenzione dalla sventura che ci sovrasta, e ne rendono frammentaria, e perciò sostenibile, la consapevolezza.
Sono stati proprio i disagi, le percosse, il freddo, la sete, che ci hanno tenuti a galla sul vuoto di una disperazione senza fondo, durante il viaggio e dopo.

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