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Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perchè ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.

Per questo, meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti. Tutti devono sapere, o ricordare, che Hitler e Mussolini, quando parlavano pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come dei. Erano «capi carismatici», possedevno un segreto potere di seduzione che non procedeva dalla credibilità o dalla giustezza delle cose che dicevano, ma dal modo suggestivo con cui le dicevano, dalla loro eloquenza, dalla loro arte istrionica, forse istintiva, forse pazientemente esercitata e appresa. Le idee che proclamavano non erano sempre le stesse, e in generale erano aberranti, o sciocche, o crudeli; eppure vennero osannati, e seguiti fino alla loro morte da milioni di fedeli.

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"There is no rationality in the Nazi hatred: it is hate that is not in us, it is outside of man.. We cannot understand it, but we must understand from where it springs, and we must be on our guard. If understanding is impossible, knowing is imperative, because what happened could happen again. Consciences can be seduced and obscured again - even our consciences. For this reason, it is everyone duty to reflect on what happened. Everybody must know, or remember, that when Hitler and Mussolini spoke in public, they were believed, applauded, admired, adored like gods. They were "charismatic leaders" ; they possessed a secret power of seduction that did not proceed from the soundness of things they said but from the suggestive way in which they said them, from their eloquence, from their histrionic art, perhaps instinctive, perhaps patiently learned and practised. The ideas they proclaimed were not always the same and were, in general, aberrant or silly or cruel. And yet they were acclaimed with hosannas and followed to the death by millions of the faithful."

In quanto tale, quel «dissidente» ha l’opportunità e anche il dovere di riflettere su questa esperienza, di testimoniarla, di lasciarla in eredità a coloro che sono abbastanza fortunati da non doverla subire. Così anche noi possiamo ricambiare, in qualche modo, l’aiuto che ci viene offerto, possiamo aiutare in nome del nostro profondo e condiviso interesse, nell’interesse dell’umanità.

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Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.

Sono convinto che il modo migliore di affrontarli sia quello di studiarli senza pregiudizio, imparare da essi e resistergli, comportandosi in modo radicalmente differente; laddove tale differenza nasce da una continua lotta contro il male che essi incarnano con tanta chiarezza, e che, tuttavia, dimora ovunque e quindi anche in ognuno di noi.

"Anche il peggiore dei casi si avvera di quando in quando. Siamo uomini, dobbiamo tenerne conto, armarci contro questa realtà, e soprattutto avere ben chiaro in mente che riusciremo ad evitare il naufragio nell'assurdo, che per forza di cose risulta sempre più netto e schiacciante, e a costruirci su questa terra un'esistenza abbastanza confortevole, solo incorporandolo tacitamente nel nostro pensiero. La nostra ragione rischiara il mondo non più dello stretto necessario. Nel bagliore incerto che regna ai suoi confini si insedia tutto ciò che è paradossale. Dobbiamo guardarci dal considerare questi fantasmi come fossero qualcosa "in sé", come se si trovassero fuori dello spirito umano, o, peggio ancora: non commettiamo lo sbaglio di considerarli come un errore evitabile, sbaglio che ci potrebbe indurre a condannare il mondo in una sorta di morale caparbia e dispettosa, qualora tentassimo di imporrre una visione perfettamente razionale delle cose, giacché proprio la sua perfezione assoluta costituirebbe la sua menzogna mortale e un segno della peggiore cecità."

Studiando, noi diventiamo tutti filosofi; dovrete dunque avvezzarvi, ogni volta che un risultato vi sorprende, specialmente quando questo risultato vi par nuovo, dovrete avvezzarvi, dico, a chiedere a voi stessi o ad altri: «Quale è la causa di ciò? Perché le cose succedono a questo modo?» E presto o tardi finirete sempre col trovare la risposta.

Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.

Lamentarsi è una caratteristica innata della specie umana. Nel Secolo del Carbone la gente imprecava contro la macchina a vapore; in una commedia di Shakespeare un personaggio lamenta l'invenzione della polvere da sparo. Mille anni dopo ci si lamentava per la fabbricazione del cervello positronico.

Fra le vene più salienti nella vita della massa c'è qualcosa che chiameremmo forse senso di persecuzione, una particolare e irosa suscettibilità, nei confronti dei nemici designati come tali una volta per tutte. Essi possono fare tutto ciò che vogliono, possono essere rigidi e disponibili, impegnati o freddi, duri o miti – le loro azioni sono sempre intese come se scaturissero da un'imperturbabile malvagità.

Ma quando di un lontano passato non rimane più nulla, dopo la morte delle creature, dopo la distruzione delle cose, soli e più fragili ma più vivaci, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore permangono ancora a lungo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto, a sorreggere senza tremare - loro, goccioline quasi impalpabili - l'immenso edificio del ricordo.

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