Crescere nella condizione di bambino significa essere condannati ad un conflitto disumano tra la propria coscienza di sé e il ruolo imposto da una società che sta attraversando la propria età scolare.
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Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).
Nel fisico era cresciuto, dimagrito, le tempie ormai cominciavano a ingrigirsi, ma per il bambino di allora, o per l’uomo di oggi, tutte le cose che servono su questa terra non significavano nulla, così come non aveva ancora imparato a conciliare il corso immutabile dell’universo di cui lui stesso era parte (una parte molto effimera) con la nozione filosofica del tempo che passa: in pratica non sapeva bene cosa fosse il futuro. Assisteva agli eventi umani che scorrevano lenti intorno a lui senza mostrare passioni o coinvolgimento personale, le sue effettive difficoltà intellettive erano sempre venate da una malinconica tristezza, perché nonostante gli sforzi, non riusciva a capire, e di conseguenza a vivere, come i cari amici che conosceva: il suo cervello, preda di un meravigliato stupore, era scollegato dalle normali faccende terrene (con terribile vergogna della madre, e massimo divertimento della gente locale), sembrava vivere nell’invulnerabilità di un istante eterno, come in una bolla di sapone che non sarebbe mai scoppiata.
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A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.
Tutte le discussioni sullo stato delle donne, sul carattere e il temperamento delle donne, sulla sottomissione o l’emancipazione delle donne, fanno perdere di vista il fatto fondamentale, e cioè che le parti dei due sessi sono concepite secondo la trama culturale che sta alla base dei rapporti umani e che il fanciullo che cresce è modellato, altrettanto inesorabilmente comeLa fanciulla, secondo un canone particolare e ben definito.
Solo i bambini sanno quello che cercano.
Quando il sole della cultura è basso, anche i nani hanno l'aspetto di giganti.
"Mi appellai ad alcuni capi di Frenetici i quali, secondo le mie indicazioni, si sono messi a organizzare la distruzione dei giovani. Il metodo è molto semplice: si prendono i bambini nel momento in cui la loro intelligenza non è ancora sviluppata, in cui le loro passioni obbediscono ancora al minimo stimolo; li si fa vivere intruppati, vestiti e armati in modo uniforme e, grazie a discorsi magici e a esercizi fisici collettivi di cui noi possediamo il segreto, diamo loro quello che noi chiamiamo il "culto dell'ideale comune": è una devozione assoluta a un personaggio sbraitante e autocratico, o a un certo modo di vestire, o a qualche parola d'ordine, o a una certa combinazione di colori, poco importa. Ci basta allora di aver qui due gruppi opposti (o più di due, ma preferibilmente in numero pari) di giovani mantenuti in questa tensione sentimentale; l'unica precauzione da prendere è di non lasciare al loro cervello il tempo di funzionare, ma è facile. Allora (mi capite?) quando sono al punto giusto, li si lascia andare gli uni contro gli altri... e, dopo, si può respirare per un po'. Nello stesso tempo, ciò occupa e arricchisce i fabbricanti e i mercanti di uniformi e di armi e gli autori di esortazioni all'ecatombe, uno dei quali scriveva recentemente: "Un giovane che non è ucciso nel fiore dell'età, non è più un giovane, ma un futuro vecchio". (151)"
"In realtà, ogni momento della nostra vita è creazione; per un essere cosciente, "esistere" significa cambiare; cambiare nel maturarsi; e maturarsi nel creare se stesso all'infinito."
Ebbene non possiamo nasconderci che, nonostante la sua urgente necessità pratica e gli alti fini morali che si attribuisce, la lotta contro le forme di discriminazione partecipa di questo stesso movimento che trascina l'umanità verso una civiltà mondiale, distruttrice di quei vecchi particolarismi ai quali va l'onore di aver creato i valori estetici e spirituali che danno pregio alla vita, e che noi raccogliamo preziosamente nelle biblioteche e nei musei, perché ci sentiamo sempre meno sicuri di essere capaci di produrne altri altrettanto evidenti.
Senza dubbio ci culliamo nel sogno che l'uguaglianza e la fraternità regneranno un giorno fra gli uomini, senza che la loro diversità venga compromessa. Ma se l'umanità non si rassegna a diventare la sterile consumatrice di valori che ha saputo creare nel passato, capace soltanto di dar vita a opere bastarde, a invenzioni rozze e puerili, dovrà imparare di nuovo che ogni vera creazione implica una certa sordità al richiamo di altri valori, arrivando fino al loro rifiuto se non addirittura alla loro negazione. Infatti non ci si può sciogliere nel godimento dell'altro, identificandosi con lui, e nello stesso tempo mantenersi diverso
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Il bene viene sempre troppo tardi, diventa realtà troppo tardi, quando non si è più capaci di goderne.
Quando si strappano tutte le fibre della civiltà è un lavoro lento quello di ricucirle insieme. Vede quei bambini per la strada che vanno a scuola? La pace è nelle loro mani. Se a scuola viene loro insegnato che la guerra è il più odioso flagello cui possa anda soggetta l'umanità, che imbratta e deforma ogni amabile occupazione dello spirito mortale, allora si potrà avere qualche speranza per il futuro.
"Da tutto ciò che abbiamo letto e sentito dire, è chiaro che nell'ultimo stadio della "civiltà" gli uomini, per quello che riguarda la produzione dei beni, si erano cacciati in un circolo vizioso. Avevano raggiunto una meravigliosa capacità di produzione e, per darle uno sviluppo sempre maggiore, poco per volta avevano creato (o meglio avevano lasciato che si sviluppasse) un complicatissimo sistema di compravendita, che fu chiamato mercato mondiale. Questo mercato mondiale, una volta costituito, costrinse gli uomini a produrre un numero sempre crescente di beni, fossero necessari o no. E così, mentre non potevano esimersi, com'è ovvio, dalla fatica di produrre ciò che era realmente necessario, creavano senza interruzione tutta una serie di oggetti inutili o considerati artificiosamente necessari, i quali, sotto la ferrea legge del mercato mondiale di cui s'è detto, acquistavano la stessa importanza dei prodotti realmente necessari all'esistenza. In questo modo si lasciarono opprimere da un'immensa mole di lavoro, al solo scopo di salvaguardare quel loro squallido sistema. Poi proprio per questa ragione, dal momento che si erano imposti di barcollare sotto il peso orribile di una produzione inutile, diventò loro impossibile considerare il lavoro e i suoi frutti da qualunque altro punto di vista che non fosse l'incessante tentativo di impiegare la minore quantità di lavoro possibile per ogni tipo di prodotto, e allo stesso tempo di produrre quanti più oggetti fosse possibile. Tutto veniva sacrificato a quella che si chiamava “la riduzione dei costi di produzione”: la soddisfazione del lavoratore nel compiere il suo lavoro, non solo, ma addirittura il suo più elementare benessere, la salute, l'alimentazione, il vestiario, l'abitazione, il tempo libero, i divertimenti, l'educazione... la sua vita insomma, sulla bilancia non aveva neppure il peso di un granello di sabbia in confronto all'opprimente necessità di produrre a basso costo beni che in gran parte non valeva nea
I genitori ti insegnano ad amare, ridere e correre. Ma solo entrando in contatto con i libri, si scopre di avere le ali.
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Piangi con me, supplica il padre di non uccidere tua sorella: anche i bambini si rendono conto delle sciagure.
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